DOMANDE FREQUENTI ROCCE DI SCAVO

In relazione alla complessità interpretativa della norma questo Ordine, in collaborazione con l’Ordine dei Geologi della regione Umbria, in data 1 dicembre 2017 ha organizzato un seminario di approfondimento sull’argomento fornendo ai partecipanti un quadro il più possibile completo sulle criticità applicative del DPR 120/17.

Non è stato possibile trattare il tema in modo esaustivo nell’arco di un solo incontro, viste le tante possibili diverse situazioni che possono presentarsi; per questa ragione gli stessi Ordini hanno deciso di istituire, a beneficio e a supporto dei propri iscritti, il presente servizio di risposta a quesiti sull’applicazione del DPR 120/17.

Va precisato che LE RISPOSTE AI QUESITI NON HANNO VALORE LEGALE, NE DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELLA NORMA NE RAPPRESENTANO ATTO DI CONSULENZA.

Le risposte sono formulate sulla base dei quesiti proposti da colleghi con l’intento di fornire una panoramica il più possibile completa sulle disposizioni vigenti condividendo un baglio esperienziale con gli iscritti agli Ordini anche evidenziando quelle criticità per le quali non è possibile identificare una risposta certa ed univoca e per le quali risulta necessario discutere, anche con gli Enti competenti, al fine di identificare possibili interpretazioni o condotte comuni necessarie ai professionisti per orientarsi, con competenza e serenità, nella gestione degli adempimenti di propria competenza.

REGOLE PER FORMULARE I QUESITI E MODALITA’ DI RISPOSTA:

I quesiti dovranno essere formulati descrivendo la situazione di riferimento ed evidenziando in modo specifico l’oggetto del quesito. Il quesito deve essere formulato senza riferimenti espliciti che possano consentire di ricondurre la situazione a contesti specifici eliminando quindi ogni riferimento fatti o soggetti fisici o giuridici.

I quesiti saranno formulati compilando il modulo di richiesta, le risposte saranno pubblicare nella presente pagina senza nessun riferimento al soggetto che ha formulato il quesito e dovranno essere considerate un contributo a beneficio di tutti gli iscritti.

Non verranno fornite risposte ai quesiti ai quali è già stata fornita e pubblicata una risposta ne a quesiti generici le cui risposte possono essere desunte senza ambiguità dalla lettura del DPR 120/17, considerando la conoscenza dello stesso Decreto un prerequisito essenziale per poter usufruire del servizio.

Quesiti risposti

a

Una volta consegnato il piano di utilizzo o la dichiarazione di utilizzo è possibile apportare delle modifiche rispetto a quanto dichiarato?

Si, le modifiche che necessitano di aggiornamento documentale sono quelle evidenziate dalla norma come significative ed elencate al comma 2 dell’art. 15 del DPR 120/17 valide per tutti i casi di gestione delle terre e rocce di scavo come sottoprodotti.

Nel caso in cui le modifiche riguardino materiale proveniente da cantieri di piccole dimensioni o cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA l’aggiornamento della dichiarazione di utilizzo con le modalità riportate all’art. 21 comma 3) del DPR 120/17. Decorsi 15 giorni dalla trasmissione della dichiarazione aggiornata, le terre e rocce da scavo possono essere gestite in conformità alla dichiarazione aggiornata. Qualora la variazione riguardi il sito di destinazione o il diverso utilizzo delle terre e rocce da scavo, l’aggiornamento della dichiarazione può essere effettuato per un massimo di due volte, fatte salve eventuali circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili.

Nel caso in cui  le modifche riguardino materiale proveniente da cantieri di grandi dimensioni, come definiti all’art. 2 comma 1) let. u), l’aggiornaemnto del piano di utlizzo avviene con le modalità indicate nell’art.15 del Decreto al quale si rimanda.

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

a

Cosa e quali sono le normali pratiche industriali alle quali le terre e rocce di scavo possono essere sottoposte?

Sono tutte quelle attività di trattamento alle quali possono essere sottoposte le terre e rocce di scavo, finalizzate al miglioramento delle loro caratteristiche merceologiche  per rendere l’utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace.

L’allegato 3 del DPR 120/2017, in particolare riporta le operazioni “più comunemente effettuate che rientrano nella normale pratica industriale” di seguito riportate:

  • la selezione granulometrica delle terre e rocce da scavo, con l’eventuale eliminazione degli elementi/materiali antropici;
  • la riduzione volumetrica mediante macinazione;
  • la stesa al suolo per consentire l’asciugatura e la maturazione delle terre e rocce da scavo al fine di conferire alle stesse migliori caratteristiche di movimentazione, l’umidità ottimale e favorire l’eventuale biodegradazione naturale degli additivi utilizzati per consentire le operazioni di scavo.

Trattandosi delle operazioni “più comunemente effettuate” si ritiene che tale elenco non sia esaustivo e che possano pertanto rientrare in tale categoria anche altre pratiche industriali condotte per le finalità descritte nella prima parte della risposta. Chiaramente la finalità di dette pratiche deve essere quella descritta sopra e mai finalizzata a trattare le terre e rocce per ridurre le concentrazioni di contaminanti (che risulterebbe un vero e proprio trattamento finalizzato a far acquisire al materiale caratteristiche di qualità ambientali che invece deve possedere sin dall’inizio).

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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Le terre e rocce da scavo possono contenere materiali di riporto e quali accertamenti è necessario fare ai fini del loro riutilizzo?

Le terre e rocce di scavo, come definito dall’art. 2 comma 1) lett. c) del D.P.R. 120/17, sono costituite dal suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera; le stesse possono contenere materiali di riporto in quanto questi ultimi sono a tutti gli effetti parte integrante de suolo secondo la definizione riportata all’art. 2 comma 1) lett. b) del D.P.R. 120/17.

Oltre al rispetto dei requisiti di qualità ambientale di cui all’art.4 comma 2, lettera d) del D.P.R. 120/17, previsti per il suolo naturale, le matrici materiali di riporto sono sottoposte al test di cessione, effettuato secondo le metodiche di cui al DM 5 febbraio 1998, per i parametri pertinenti, ad esclusione del parametro amianto, al fine di accertare il rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione delle acque sotterranee, di cui alla Tabella 2, Allegato 5, al Titolo 5, della Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o, comunque, dei valori di fondo naturale stabiliti per il sito e approvati dagli enti di controllo.

Si richiama l’attenzione sul fatto che esiste un limite per la presenza di materiali antropici contenuti nel riporto pari al 20% in peso nel caso di gestione degli stessi in qualità di sottoprodotti  mentre, per le terre e rocce da scavo escluse dall’ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti, tale limite non è previsto (vedi circolare MATT prot. 15786ndel 10.11.17). Si richiama l’attenzione sui contenuti dell’Allegato 10 per un quadro completo sulla metodologia prevista per la quantificazione dei materiali di origine antropica presenti in una matrice materiali di riporto.

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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Quali documenti devono accompagnare il trasporto delle terre e rocce da scavo identificati come sottoprodotti?

L’art. 6 del D.P.R. 120/2017 prevede che il trasporto fuori dal sito di produzione deve essere accompagnato dal documento di trasporto previsto all’Allegato 7.

Si ritiene che il modulo vada compilato per ogni viaggio dal sito di produzione  al sito di destinazione o al sito di deposito intermedio (se presente) anche se “letteralmente” nell’allegato 7 al D.P.R. si parla di compilazione del documento “per ogni automezzo” e non per ogni viaggio. Si ritiene inoltre cautelativo predisporre un documento di trasporto anche per il viaggio dal deposito intermedio (se presente) al sito di destinazione anche se tale adempimento non è espressamente previsto dal modulo.

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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Quale documentazione va presentata nel caso di utilizzo di terre e rocce di scavo nello stesso sito in cui sono state prodotte?

Le terre e rocce di scavo possono essere utilizzate nello stesso sito in cui sono state prodotte secondo due distinte disposizioni (salvo casi particolari come ad esempio siti contaminati o siti con valori di fondo superiori alle CSC):

  • nel caso si possano garantire le condizioni di riutilizzo in sito previste dall’art. 24 del D.P.R. (terre e rocce da scavo escluse dalla normativa sui rifiuti) non è previsto l’invio di documentazione alla Pubblica Amministrazione. Ferma restando la necessità di dimostrare, con documentazione, il rispetto dei requisiti richiesti dall’art. 24 (da fornire solo in caso di controllo);
  • nel caso di riutilizzo nello stesso sito in conformità al titolo II del D.P.R. (terre e rocce da scavo che soddisfano la definizione di sottoprodotto), dovranno essere invece presentati tutti i documenti previsti per lo specifico caso in cui il cantiere ricade (e cioè: piano di utilizzo nel caso di grande cantiere soggetto a VIA o AIA; dichiarazione di utilizzo per piccolo cantiere/grande cantiere non soggetto a VIA o AIA).

NB: il ricorso alla seconda possibilità di gestione avviene ad esempio nel caso in cui non sia possibile procedere al riutilizzo del materiale “allo stato naturale” (come richiesto dall’art.24) ma sia invece necessario un trattamento identificabile come “normale pratica industriale” (vedi anche allegato 3 al D.P.R).

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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Nel caso in cui si decida di gestire le terre e rocce di scavo prodotte come rifiuti, si applica il D.P.R. 120/17?

Si, limitatamente ai contenuti dell’art. 23, che disciplina il deposito temporaneo delle terre e rocce di scavo qualificate come rifiuti ed identificate con i codici CER 17.05.04 o 17.05.03*, quest’ultimo nel caso in cui il rifiuto contenga un quantitativo di sostanze pericolose tali da farlo qualificare come rifiuto pericoloso. Il rifiuto segue poi le normali regole per la caraterizzazione valide per tutti i rifiuti.

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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La documentazione da presentare per l’utilizzo di terre e rocce di scavo come sottoprodotti provenienti da cantieri di piccole dimensioni o grandi dimensioni non sottoposti ad AIA o VIA (nello specifico dichiarazione di utilizzo) deve essere integrata con documentazione tecnica?

Il DPR 120/17, la cui finalità è anche la semplificazione, prevede che i documenti tecnici per le fattispecie in oggetto, dovranno essere tenuti a disposizione e verranno richiesti da ARPA, o da altro organo di vigilanza in fase di eventuale controllo. La documentazione presentata consiste in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, dove viene  dichiarato il rispetto delle condizioni previste dalla norma sotto la responsabilità del dichiarante. (confronta con FAQ ARPA FVG).

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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Sono previsti adempimenti documentali da consegnare al completamento delle operazioni di utilizzo di terre e rocce di scavo qualificate come sottoprodotti?

Si, è obbligatorio; l’art. 7 del D.P.R. 120/2017 prevede l’invio  al Comune del sito di produzione, al Comune del sito di destinazione, all’ARPA e all’autorità competente, della Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo (D.A.U.), da redigere secondo il modello riportato nell’allegato 8 al D.P.R.120/17. L’omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo entro il termine comunicato per il completamento delle operazioni di utilizzo, comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti assoggettandoli alla normativa sui rifiuti con tutte le conseguenze civili e penali del caso.

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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La documentazione da presentare per l’utilizzo di terre e rocce di scavo come sottoprodotti (nello specifico dichiarazione di utilizzo o piano di utilizzo – in dipendenza della tipologia di cantiere in essere) prevede autorizzazione/approvazione?

No; non si tratta di una richiesta di autorizzazione, il procedimento non prevede una istruttoria tecnica da parte dell’Ente competente che si limita ad una verifica formale del documento inviato. La documentazione presentata consiste in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio dove viene  dichiarato il rispetto delle condizioni previste dalla norma sotto la responsabilità del dichiarante con prove documentali non allegate ma da rendere disponibili in caso di controllo.

Le risposte ai quesiti non hanno valore legale e non rappresentano atto di consulenza. L’Ordine degli Ingegneri non è in alcun modo responsabile delle conseguenze dell’uso delle risposte fornite.

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Le terre e rocce da scavo devono essere sempre sottoposte ad analisi?

La sussistenza dei requisiti di cui all’art. 4, ed in particolare il soddisfacimento dei requisiti di qualità ambientale richiesti dal DPR 120/17, sono attestati e  dimostrabili mediante esecuzione di caratterizzazione chimico-fisica e pertanto attraverso analisi di laboratorio. Non vi sono esclusioni (ad esempio per piccole quantità di materiale gestito) pertanto la necessità di dimostrare l’assenza di contaminazione del materiale esiste sempre in ogni fattispecie. Si ricorda infine che, anche scegliendo di qualificare le terre e rocce come rifiuto, è ugualmente prevista la caratterizzazione analitica delle stesse al fine di stabilire se il rifiuto è pericoloso e, in tale circostanza, quali caratteristiche di pericolosità possiede.

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